sabato 30 maggio 2020

"Vizio di forma"



“Vizio di forma” è la seconda raccolta di racconti fanta-tecnologici e fanta-biologici di Primo Levi, chimico italiano diventato scrittore in seguito alla deportazione nel campo di concentramento di Auschwitz, in quanto ebreo.

Dopo questa esperienza traumatica, Levi ha sentito la necessità di raccontarla e raccontarsi attraverso il suo primo libro autobiografico, “Se questo è un uomo”, al quale seguiranno “La tregua” e “I sommersi e i salvati”, sullo stesso tema.

Successivamente, il chimico-scrittore si cimenterà nella stesura di racconti per ragazzi a sfondo scientifico: “Vizio di forma” (Torino, Einaudi 1971) narra di un futuro distopico in cui la scienza ha modificato radicalmente le abitudini dell’uomo. 

I temi trattati nei racconti sono molteplici: diversi considerano l'impronta dell'uomo sul mondo per via dell'industrializzazione e lo sviluppo tecnologico (Visto di lontano, A fin di bene, Le nostre belle specificazioni), povertà e differenze di condizioni di vita (Procacciatori d'affari, Recuenco: la Nutrice, Recuenco: il rafter), l'alienazione dell'individuo (Lumini rossi), e l'impatto sulla natura (Ottima è l'acqua).

Altri racconti presentano un'analisi dei comportamenti di massa (Verso occidente, Knall, Psicofante, In fronte scritto), con un accenno anche all'imposizione e accettazione passiva di leggi che diminuiscono le libertà dell'individuo (Protezione). Levi tocca anche i temi della manipolazione genetica (I sintetici, Vilmy) e della creazione artificiale di esseri viventi (Il servo).

Un ultimo gruppo di racconti, infine, ha un tono più rilassato e quasi scherzoso, e i temi fantascientifici sono virtualmente assenti (Lavoro creativo, Nel parco, Il fabbro di se stesso, Ammutinamento).

 

«Ci saranno storici futuri, diciamo nel prossimo secolo? Non è del tutto certo: l’umanità potrebbe aver perduto ogni interesse per il passato, occupata come sarà sicuramente a dipanare il gomitolo del futuro; o perduto il gusto per le opere dello spirito in generale, essendo intesa unicamente a sopravvivere; o cessato di esistere. Ma se storici si troveranno, si dedicheranno assai poco alle guerre puniche, o alle crociate, o a Waterloo, ed invece porranno al centro della loro attenzione questo ventesimo secolo, e più precisamente il decennio che è appena incominciato. Sarà un decennio unico. Nel giro di pochi anni, quasi da un giorno all’altro, ci siamo accorti che qualcosa di definitivo è successo, o sta per succedere: come chi, navigando per un fiume tranquillo, si avvedesse d’un tratto che le rive stanno fuggendo all’indietro, l’acqua si è fatta piena di vortici, e si sente ormai vicino il tuono della cascata. Non c’è indice che non si sia impennato: la popolazione mondiale, il Ddt nel grasso dei pinguini, l’anidride carbonica nell’atmosfera, il piombo nelle nostre vene. Mentre metà del mondo attende ancora i benefici della tecnica, l’altra metà ha toccato il suolo lunare, ed è intossicata dai rifiuti accumulati in pochi lustri: ma non c’è scelta, all’Arcadia non si ritorna, ancora dalla tecnica, e solo da essa, potrà venire la restaurazione dell’ordine planetario, l’emendamento del "vizio di forma". Davanti all’urgenza di questi problemi, gli interrogativi politici impallidiscono. È questo il clima in cui, letteralmente od in ispirito, si collocano i venti racconti di Primo Levi che presentiamo. Al di là del velo dell’ironia, è vicino a quello dei suoi libri precedenti: vi si respira un’aura di tristezza non disperata, di diffidenza per il presente, e ad un tempo di sostanziale confidenza per il futuro: l’uomo fabbro di se stesso, inventore ed unico detentore della ragione, saprà fermarsi a tempo nel suo cammino "verso l’occidente"». 

Risvolto della prima edizione Einaudi 1971, collana «Coralli», anonimo ma scritto probabilmente da Primo Levi. 


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